“Signora, non sarebbe meglio chiamarlo ‘Ugo’?”
Come biasimare l’infermiera che nel 1992 proponeva a mia madre un naming alternativo, vista anche la carenza di spazio sul cartellino della mia culla.
Oggi la sua richiesta mi suona incredibilmente familiare, ma per buona parte della mia vita non ho mai contemplato l’idea di fare il copywriter. Anzi, credo di aver sognato di fare qualsiasi altra cosa almeno fino al liceo, quando mi sono messo in testa di studiare filosofia e intraprendere la carriera accademica.
È successo che oltre ad aver potuto ammirare da vicino gli usi e i costumi dell’università italiana, ho realizzato che scrivere paper per decenni a venire mi avrebbe probabilmente fatto impazzire. Così ho deciso di dare ascolto alla mia indole creativa e iscrivermi a un Master in Copywriting.
Non sapevo bene a cosa andassi incontro, ma scoprii presto che questo mestiere funziona solo se hai la passione per le persone e io quella ce l’avevo. Mi restavano da imparare solo un numero imprecisato di inglesismi ed ero pronto a entrare nelle agenzie pubblicitarie milanesi. Ho cominciato in GittoBattaglia_22, per poi spostarmi in Freeda e in Grey, lavorando a campagne ATL e BTL per clienti come Cusumano, Agricola Moderna, 8.6, Mooney, Regina, Edison, UPMC, Honda.
Nonostante abbia smesso da tempo di dare del “lei”, ogni progetto è come tornare a scuola e imparare tutto di nuovo.
E mi piace pensare che non poteva andare altrimenti.